La puntasecca
- Marco Poma
- 25 ott 2024
- Tempo di lettura: 8 min
Aggiornamento: 2 mar
La tecnica della puntasecca fa parte delle tecniche calcografiche dirette; essa prende il nome, come per il bulino, dallo strumento con cui viene eseguita.

STORIA

La tecnica viene introdotta da un artista anonimo tedesco chiamato "Maestro del Gabinetto di Amsterdam" o "Maestro del Libro di casa" (fine XV secolo) per via di un manoscritto in cui sono contenenti suoi disegni acquerellati e stampe, alcune interamente eseguite a puntasecca, oggi conservate al Rijksmuseum di Amsterdam.
In seguito la puntasecca, dalla sua origine e fino agli inizi del XX secolo, è sempre rimasta una tecnica di supporto per l'incisore. Questo perchè la sua peculiarità è l'ottenimento di un segno vellutato che emerge sulla stampa, dato dalle barbe - sollevamenti di metallo al bordo del segno - ma che solitamente non possiede, data la fragilità di queste, sufficiente resistenza ad una tiratura di più di 20 copie. Considerando, dunque, l'epoca delle grandi edizioni con tirature di centinaia di stampe per matrice, è impensabile l'idea di aver potuto sfruttare la puntasecca come tecnica a sé stante.

Gli incisori utilizzavano la puntasecca per delineare il disegno sulla matrice prima di inciderlo a bulino asportandone le barbe, ritenute non necessarie.

Un altro suo utilizzo consisteva nel delineare elementi di sfondo prospetticamente lontani, questo perchè la leggera pressione della punta sul rame conferiva segni delicati e di più difficile replica per un bulino; anche in questo caso, veniva asportata ogni barba.
Alcuni tra i primi incisori che l'hanno impiegata nelle proprie opere sono, primo fra tutti, Albrecht Dürer (1471 - 1528) poi Martin Schongauer (1448 - 1491) e Hendrick Goltzius (1558 - 1617), arrivando alle incisioni di Rembrandt (1606 - 1669) combinate con le sue acqueforti; da quel periodo la puntasecca non vedrà più largo utilizzo fino alla sua ripresa per merito di artisti più moderni.
L'abbandono dell'incisione di traduzione e lo svilupparsi delle nuove correnti artistiche permette agli artisti di esprimersi con molta più libertà espressiva e meno vincoli tecnici dando finalmente alla puntasecca un ruolo di rilievo nelle loro incisioni; tra questi:

Edward Thomas Daniell (1804 - 1842)
Lesser Ury (1861 - 1931)
Käthe Kollwitz (1867 - 1945)
Lovis Corinth (1858 - 1925)
Max Beckmann (1884 - 1950)
Stanley William Hayter (1901 - 1988)
Una menzione di rilievo a Guido Strazza (1922), artista fondamentale per la formazione delle generazioni a lui successive; le sue puntesecche, di grande forza ed espressione, fanno parte della sua importante ricercha su"II gesto e il segno" da cui vien tratto il manuale omonimo di tecniche dell'incisione studiato da tutti gli studenti di Grafica d'Arte delle accademie italiane.

STRUMENTI
Una delle peculiarità della puntasecca è la sua versatilità espressiva consentita anche dalla moltitudine di strumenti per eseguirla. Essa infatti in quanto tecnica diretta e libera permette l'uso di qualsiasi mezzo che possa scalfire la superfice della lastra, questa caratteristica crea infinite possibilità esecutive adatte ad ogni esigenza.

Puntasecca: Tale strumento chiamato per l'appunto "puntasecca" non è altro che una punta d'acciaio inserita in un manico di legno la cui estremità oppurtunatamente affilata viene fatta collidire con la superfice liscia della lastra.
Lo strumento di per sé rimane invariato in quanto punta, ciò che lo caratterizza sono i diversi spessori del corpo a seconda dell'uso che se ne deve fare:
- Aghi e punte sottili: segni delicati e precisi.
- Punte larghe e pesanti: vengono ottenute dalla lavorazione di tondini d'acciaio, il loro corpo e peso permette una diversa impugnatura a modo di "arma bianca" permettendo segni materici e profondi.
- Punta di diamante: la sua durezza permette di incidere anche il segno più fine senza mai dover ricorrere all'affilatura.

Punzone: robusto tondo d'accaio con estremità appuntita la quale viene battuta a martello contro la lastra per creare un effetto di puntinato sulla matrice, la pressione del segno dipende dalla forza con cui si batte il martello. Il punzone può anche avere un estremità appiattita con una texture incisa a reticolo per aumentare la superfice del puntinato battuta sulla matrice.
Tale strumento è legato esclusivamente alla tecnica del puntinato, utile per realizzare riempimenti sulle forme ed effetti di lontananza sullo sfondo.

Rotelle: Strumento formato da una rotella godronata inserita su un asse rotativo collegato ad un manico in legno.
La pressione esercitata della rotella sulla matrice crea un effetto zigrinato di diversa resa estetica a seconda del tipo di rotella che si usa. A differenza del punzone la rotella opera più velocemente ma con meno precisione. Veniva anche usata per ottenere un effetto vicino al segno della matita su carta e per questo chiamata anche "maniera a lapis".

Mezzaluna dentata: strumento noto per la tecnica della maniera nera detto anche berceau (francese) o rocker (inglese). La maniera nera infatti altro non è che una puntasecca eseguita sulla lastra al fine di annerire completamente la superfice di stampa e poi lavorarla con stumenti di brunitura per tirare fuori le luci. La mezzaluna dunque può essere utilizzata sulla matrice come supporto e rafforzamento delle tonalità della composizione, una via di mezzo tra punzone e rotella.

Carta vetro e carta spoltiglio: supporti costituiti da carta o tela sulla cui superfice vi sono dei grani di materiale abrasivo come silicio e smeriglio che a seconda della loro dimensione e densità permettono di ottenere effetti di graffiatura o lucidatura.

Spazzole metalliche: come per le carte vetro le setole metalliche della spazzola graffiano la lastra e permettono di ottenere effetti a modo multilinea.

Raschietto: Strumento versatile costituito da un corpo a tre facce piane che formano un filo su ogni estremità terminando poi sulla punta. Viene principalmente usato per cancellare i segni incisi su lastra in quanto la sua funzione è quella di raschiare via il segno spianando la superfice incisa. Tuttavia la sua azione di raschiatura, se non ammorbidita dal brunitoio, lascia un segno ben visibile sulla lastra che se usato con consapevolezza può dare segni di vario spessore.
REALIZZAZIONE DI UNA PUNTASECCA DA TONDINO D'ACCIAIO
Questa sezione del topic è tratta da un breve workshop svolto presso la Fondazione Il Bisonte per i nuovi studenti del corso di specializzazione. Ad ogni studente viene fatta realizzare una puntasecca da un tondino d'acciaio, in modo da cominciare simbolicamente l'anno con una puntasecca dedicata ai nuovi lavori da realizzare.
- Tondino d'acciaio (diametro 4/6 mm)
- Mola smerigliatrice da banco
- Guanti protettivi
- Occhiali protettivi
- Pietra per affilatura
- Olio lubrificante
- Carta abrasiva



Si comincia da un tondino d'acciaio inossidabile di diametro tra i 4 e 6 mm, chi vuole avere punte più pesanti e robuste può anche scegliere misure più elevate. Solitamente l'acciaio inossidabile più comune alla vendita ha
la sigla AISI 304 e non necessita tempra.
La misura ideale per una punta è intorno ai 15 cm, si può tagliare il tondino utilizzando la mola smerigliatrice da banco, lo stesso strumento con cui si realizza la puntasecca.

Con la puntasecca a misura si procede con la punta utilizzando la mola e proteggendosi con guanti e occhiali protettivi, gli occhiali proteggono gli occhi da schegge di lavorazione; i guanti da lavoro di tipologia pesante in pelle evitano scottature e abrasioni sulle mani.
Si impugna la puntasecca con entrambe le mani e la si poggia inclinata contro la ruota della mola, una mano preme la punta contro la ruota mentre l'altra rotea costantemente la punta per creare una forma conica omogenea. Con la lavorazione della mola si ottiene una punta praticamente già pronta per essere usata, che si può ulteriormente affilare utilizzando una pietra da affilatura sulla quale si premerà la punta facendola roteare su se stessa con movimenti circolari sulla pietra; un olio lubrificante può facilitare l'operazione.



Per verificare la punta basta premerla contro una lastra di metallo con un'elevata inclinazione, se la punta rimane incastrata evitando di scivolare vorrà dire che è adeguatamente affilata. Come operazione finale si usa della carta abrasiva per lucidare la punta togliendo ogni segno dilavorazione.

Sul lato posteriore della puntasecca è possibile realizzare una "punta di Callot", chiamata così dal suo ideatore Jacques Callot (1592 - 1635), accreditato per la realizzazione di una punta a sezione obliqua di forma ovale, simile alle penne stilografiche che per l'appunto conferisce un segno più calligrafico con linee di spessore variabile. Per realizzare questa punta basta semplicemente premere la puntasecca contro il lato della ruota della mola, premendo e mantenendo la stessa inclinazione fino ad ottenere la forma cercata.
Quando la punta viene lavorata a mola è consigliabile raffreddarla in un bicchiere d'acqua per essere certi non bruci al contatto con mani nude.


INCISIONE A PUNTASECCA
- Puntasecca
- Raschietto/Brunitoio
- Carta abrasiva

L'utilizzo della puntasecca è solitamente il primo approccio di chi comincia ad incidere, questo perchè la tecnica di per se è immediata ed aiuta a migliorare la confidenza con il disegno sul metallo.
Si tratta di una tecnica dura e poco incline a gesti calcolati, nel metallo contro metallo certo non si può immaginare la fluidità del disegno su carta, essendo essa una tecnica diretta bisogna fare una certa forza per ottenere dei segni neri e con il continuo incidere ci si ritrova spesso a seguire i binari dei segni precedenti sulle incisioni successive.

Per questo motivo la puntasecca vive di un costante processo incisorio: si incide, si abbassa e si incide di nuovo. Il raschietto è lo strumento ideale per eliminare le barbe, tuttavia si possono anche solamente schiacciare con il brunitoio per ridurre l'effetto vellutato del segno.
Le carte abrasive sono molto utili per alleggerire i segni della puntasecca, le più fini si limiteranno a schiarire l'immagine mentre quelle più grezze possono creare segni a loro volta.
Ogni strumento può essere usato come puntasecca, si tratta di scalfire la lastra, per questo si immagina di lavorarla come fosse una scultura. Ogni azione compiuta sulla matrice è memoria impressa sul metallo; non si può tornare indietro ma solo andare avanti.

STAMPA
- Inchiostro
- Tampone di pelle/feltro
- Tarlatana
- Carta velina

Stampare una puntasecca richiede alcuni accorgimenti in fase di inchiostrazione e pulizia per via delle sue barbe. Cominciando dall'inchiostro, esso va applicato utilizzando un tampone in cuoio a pelo o un tamponcino di feltro e mai una spatola di plastica, questo perchè le barbe non farebbero altro che danneggiare la spatola graffiandola e rendendola inutilizzabile per le stampe successive.

Si procede pulendo a tarlatana e poi con carta velina, la pulizia con velina evidenzia le barbe in quanto porta l'inchiostro ad incastrarsi sotto di esse, se si vuole ridurre questo effetto si insiste con più pressione di velina nel verso del segno oppure si pulisce con una tarlatana pulita poichè essendo più morbida riesce a passare sotto le barbe.
Viene chiamata "pulizia a velo" la pulizia con uso esclusivo di tarlatana, questo metodo lascia per l'appunto un velo grigio sulla lastra che risulta quindi come un fondino per l'immagine.
La puntasecca può essere anche pulita esclusivamente a palmo come una maniera nera, la morbidezza del palmo conferisce un segno più vellutato in stampa.
Sul torchio non è necessario usare una pressione elevata poichè farebbe scomparire velocemente gli effetti delle barbe sulle stampe in serie; è dunque consigliabile una pressione media in quanto i segni della puntasecca non saranno mai profondi come quelli dell'acquaforte ma sarà importante solamente enfatizzare i segni più superficiali con le loro velature conferitegli dalle barbe.


BIBLIOGRAFIA
- Incisione calcografica e stampa originale d'arte - Renato Bruscaglla
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